Caso di studio 6.1: “Fregato” dalla grammatica araba
Shabab Souria (Syria Youth) è un network di siriani (sia residenti nel paese sia altrove nel mondo) che collaborano usando strumenti online per verificare e pubblicare aggiornamenti sulla situazione siriana in loco. Lavorando su un gruppo Facebook aperto ma amministrato, gli attivisti verificano centinaia di segnalazioni che emergono ogni giorno dalle fonti ufficiali e dai social media. Il materiale che supera le attente verifiche viene quindi pubblicato in arabo e in inglese usando Checkdesk.
Checkdesk è una piattaforma aperta per redazioni e collettivi mediatici finalizzata a verifica e pubblicazione di informazioni online su eventi d'attualità. È stato lanciato da Meedan nel luglio del 2013 insieme a sei importanti media partner in Medio Oriente, che hanno anche organizzato alcuni workshop locali per la formazione dei comuni cittadini alle pratiche giornalistiche, alla gestione delle fonti e delle tecniche di verifica digitale.
Un ottimo esempio del lavoro di Shabab Souria per smentire e verificare le notizie risale al 5 dicembre 2013. Qualcuno che usava il nome Sham al-Orouba aveva caricato su YouTube un video, condiviso poi con il gruppo Shabab Souria su Facebook. Nel video un uomo con la barba, che si auto-identificava come un membro del gruppo jihadista Seyoof al Islam, dichiarava che tale gruppo aveva compiuto un attentato contro la comunità cristiana di Saydna e contro il monastero di Deir Cherubim.
Il racconto del presunto attacco era intercalato con spezzoni poco chiari che apparentemente mostravano i danni subiti da una costruzione in cima a una collina e a una statua di Gesù. Nel sottoporre il video alla rete di Shabab Souria, Al-Orouba pose una semplice domanda: «Confermate o smentite?».
Un membro del gruppo, Mohammad Fakhr Eddin (tutti gli iscritti usano nomi in codice a tutela personale) rispose subito, notando che una piccola imprecisione grammaticale nell'arabo di chi scriveva era un dettaglio atipico per un jihadista. Avendo analizzato di centinaia di video e altri contenuti prodotti da jihadisti, il gruppo aveva notato l'ottimo uso del linguaggio da parte di costoro.
Un altro membro, Abu Nabil, fu d'accordo che la scarsa conoscenza dell'arabo tradiva il protagonista di quel video: non era chi pretendeva di essere. Nabil aggiunse che l'Islam proibisce attacchi contro le chiese, fatto su cui concordò un altro utente, cioè che i gruppi jihadisti di solito non colpiscono chiese in Siria, a meno che non siano importanti obiettivi militari.
Shamya Sy e Mohammad Fakhr Eddin aggiunsero un altro importante dettaglio sulla fonte: chi aveva caricato il video su YouTube — Nizar Nayouf — era notoriamente una persona inaffidabile. Come prova, aggiunsero che in passato Nayouf era stato responsabile di atti di propaganda a sostegno del regime di Assad con l'obiettivo di infamare gruppi anti-Assad.
«Quanto si dice nel video non trova riscontri da nessuna altra fonte», scrisse Abu Karam al-Faraty in un post sul gruppo.
Nessuno riuscì a trovare altri resoconti, immagini o video di Seyoof al Islam o altri gruppi jihadisti che avevano attaccato Deir Cherubin o la comunità cristiana di Saydna.
Nel corso del tempo, i membri di un gruppo come Shabab Souria sviluppano le proprie aree di competenza e accumulano una certa reputazione per il lavoro svolto. Sy e al-Faraty sono noti per l'impegno profuso: grazie al loro attento controllo delle informazioni sul tema, si sono affermati come esperti credibili per la verifica. Il fatto che proprio loro segnalavano l'inattendibilità della fonte stessa del video era un segnale importante.
Alla fine, ci misero meno di tre ore a stabilire che il video era falso. Mettendo insieme le competenze di vari membri del gruppo, furono in grado di capire se esistevano o meno altri video o resoconti di conferma; esaminare ed evidenziare la scarsa credibilità della fonte; analizzare il contenuto del video e identificare quegli aspetti che ne mettevano in dubbio l'autenticità.
Sette diversi utenti collaborarono per smentire quel video, che avrebbe potuto dare impeto una guerra di propaganda la cui influenza raggiunge non soltanto i civili all'interno dei confini siriani ma anche i legislatori di altri paesi.
Come scrisse un utente in un post: «Il problema è che noi sappiamo che è falso, ma i media occidentali lo prendono per vero».
L'episodio accadde nel momento in cui l'intervento militare internazionale sembrava una possibilità concreta. Fu quindi importante smentire pubblicamente quel video, come fu importante anche il riconoscimento del ruolo decisivo svolto dai social media nel flusso dell'informazione sul conflitto siriano.