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Riquadro 9.1: Valutare e minimizzare i rischi nell'uso dei contenuti prodotti dagli utenti

Come curatrice del canale dedicato ai diritti umani per WITNESS, Madeleine Bair guida una squadra che individua, verifica e contestualizza i video prodotti dai cittadini sulle violazioni dei diritti umani in tutto il mondo. Precedentemente, ha viaggiato per un decennio come reporter per radio, riviste e reti TV. I suoi servizi sono stati pubblicati sul Washington Post, sul San Francisco Chronicle e su Orion, oltre che trasmesse nei programmi “The World” e “POV" della Public Radio International.

Le foto e i video provenienti da aree del mondo in cui la repressione e la violenza politica sono diffuse o che testimoniano la vulnerabilità di alcune popolazioni, comportano dei rischi ben al di là di possibili manipolazioni o inaffidabilità dei contenuti stessi. In queste situazioni, quanti stanno dietro e davanti alla telecamera possono rischiare l'arresto, minacce, torture o anche la morte. Pericoli questi che aumentano se le riprese vengono diffuse dai media internazionali.

È quanto accaduto durante la Rivoluzione iraniana del 2009, quando la Guardia Rivoluzionaria usò foto e schermate di video reperibili online per identificare i manifestanti anche tramite il crowdsourcing, cose che hanno fatto gelare il sangue a tutti gli attivisti.

L'esposizione pubblica dell'identità dei cittadini li pone a rischio di rappresaglie da parte di autorità repressive, e può portare anche alla stigmatizzazione sociale, con tutte le gravi conseguenze che ne derivano. Parimenti alle policy seguite dai giornalisti a tutela della privacy delle vittime di stupri, analoghi standard andrebbero applicati quando si usano dei video che mettono in pericolo persone vulnerabili, in particolare se sembra che quei video siano stati realizzati senza la loro autorizzazione.

Per esempio, nel 2013, alcune testate giornalistiche e organizzazioni di attivisti statunitensi segnalarono l'allarmante aumento di abusi contro la comunità di giovani LGBT in Russia. Molti articoli includevano foto e video realizzati dai responsabili delle violenze, una pratica che può contribuire a perpetuare la violenza e la stigmatizzazioneai danni delle stesse vittime.

Giornalisti e altri operatori non dovrebbero censurare i video realizzati da attivisti che si assumono consapevolmente dei rischi per dare voce alla propria comunità. Ma costoro dovrebbero prendere delle precauzioni per riconoscere e minimizzare ogni ripercussione ai danni di per quanti agiscono senza essere consci dei rischi che corrono, o per coloro che non possono accordare il loro consenso a essere filmati. Nei casi dei video russi degli stupri, è chiaro che le vittime non hanno dato questo consenso.

Valutare potenziali danni futuri

Per prima cosa, occorre valutare se un'immagine o un video può provocare danni a chi vi è coinvolto. Vivono in un paese repressivo? Rischiano qualche rappresaglia condividendo o comparendo in quei contenuti? Si può affermare con certezza che le persone ritratta nelle foto o video abbia dato il proprio consenso preventivo?

Se esistono rischi seri, due le opzioni disponibili:

  1. Non usare il materiale. Il fatto che esista non significa che si è obbligati a trasmetterlo, pubblicarlo o condividerlo. Si può informare sulla vicenda anche in altri modi, e usare quel materiale per il nostro lavoro senza mostrarlo.
  2. Mascherare l'identità delle persone. Le redazioni televisive spesso sfocano i volti delle persone quando mandano in onda le immagini. È facile modificare le fotografie in tal senso. Per i video online, basta semplicemente ricaricare il video su YouTube e usare l'apposita funzione per sfuocare i volti. Come spiegato qui, tale funzione è stata creata appositamente per tutelare l'identità di soggetti vulnerabili nei video, e si trova sotto la voce “Additional Feature” quando si clicca sugli strumenti di “Video Enhancements” per modificare un video.

Una regola da aggiungere agli standard etici per giornalisti, operatori umanitari e chi opera nelle emergenze è «minimizzare i danni». Prendersi il tempo necessario per valutare e minimizzare i rischi che corrono gli individui quando si usano i contenuti prodotti dagli utenti è un modo per mettere in pratica questa regola nel giornalismo del XXI secolo.



Published on: 28 January 2014
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This work is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivatives 4.0 International License.